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domenica, agosto 01, 2010

Cronache Pakistane - giorni 21 e 22

OVVERO: aspettando il rientro

Si consumano gli ultimi giorni ad Islamabad per il team italo-rumeno (ormai ridotto a 5 unità, i 4/5 dei quali prenderanno il volo tra stanotte e domattina) che ha impazzato in lungo e in largo per il territorio pakistano negli ultimi 20 giorni, tra una sessione in palestra, una nuotata in piscina, una partita a biliardo ed i vani tentativi di insegnare al povero cuoco del Marriott come si faccia uno spaghetto alla carbonara con la C maiuscola.

Ieri ci è scappata anche una mezza giornata di lavoro durante la quale, per una attività di "site survey" abbiamo visto un po' dei dintorni di Islamabad ritrovando, anche se più leggeri, i tratti tipici della civiltà pakistana già incontrati a Multan e Bahawalpur. Oggi invece la giornata è stata fondamentalmente dedicata allo shopping, con l'acquisto di articoli di artigianato locale in un tipico handicraft shop di Rawalpindi, i cui gestori saranno stati sicuramente contenti di fare affari con 4 stranieri.

E così tra qualche ora la navetta del Marriott Hotel mi porterà all'aeroporto internazionale di Islamabad e il volo Islamabad-Dubai-Roma della Fly Emirates mi riporterà finalmente a casa. Le cronache pakistane, per ora, si concludono qui.

sabato, luglio 31, 2010

Cronache Pakistane - giorni 11-19

OVVERO: le fatiche di Bahawalpur

Seduto alla scrivania della mia stanza del Marriott Hotel, leggo alcuni appunti di viaggio dei giorni scorsi e, supportato dai ricordi ancora ben presenti, mi metto a scrivere il resoconto di quelle calde giornate:

I giorni seguenti il nostro arrivo nella città di Bahawalpur sono stati quelli in cui l'attività professionale è entrata nel pieno, e visti i giorni persi ad Islamabad ci dobbiamo adoperare non poco per ottenere i risultati sperati. Tanto per complicare ulteriormente le cose, siamo nei giorni in cui il termometro raggiunge la temperatura record di 54 gradi, che i pori della nostra pelle sentono in tutta la loro violenza, visto che la maggior parte delle attività si svolge in esterno. La tipica giornata di Bahawalpur è così articolata:
  • sveglia alle 7 (eccezion fatta per il penultimo giorno in cui mi è suonata alle 5), frugale colazione a base di uova, pane burro e marmellata e tè, quindi raggiungimento del luogo di lavoro (rigorosamente scortati) e inizio delle attività;
  • dopo 10-15 minuti l'effetto maglietta-bagnata inizia a farsi sentire e questa è la fase più noiosa; raggiunto il giusto livello di sudorazione il fastidio inizia a venire meno;
  • dopo diversi litri di acqua e succo di mango si arriva all'ora di pranzo. Pranzo che è generalmente costituito da riso, pollo e dahl (una zuppa di lenticchie);
  • si riprende a lavorare e si arriva generalmente alle 7 di sera; gli ultimi giorni in un paio di occasioni la mia attività si è prolungata fino alle 9 di sera;
  • rientro in albergo (rigorosamente scortati) per una doccia ed un po' di relax prima della cena. Con l'andare avanti dei giorni mi accorgo che durante il giorno non avverto mai il bisogno di urinare, e realizzo che il motivo probabile è dovuto all'eccessiva sudorazione che irrompe nel normale processo diuretico degli innumerevoli liquidi ingeriti; la cosa mi lascia con un velo di preoccupazione;
  • dopo una cena inevitabilmente a base di riso, pollo e dahl, ci si rilassa nel giardino del motel sorseggiando Mountain Dew o tè verde, fumando, e parlando del più e del meno, mentre delle guardie armate provvedono alla nostra sicurezza controllando l'ingresso e il perimetro del motel. Quindi si va a dormire. In ognuna delle nostre stanze hanno dimora due o tre gechi che si preoccupano di tenere pulita la stanza stessa da eventuali insetti; tutto sommato danno anche compagnia.
Dopo 5-6 giorni di questo tran-tran la stanchezza inizia ad affiorare ed alcuni di noi ne sembrano quasi sopraffatti; per fortuna la vicina fine ed il buon andamento delle attività ci tiene a galla e ci fa arrivare all'inutilmente faticoso penultimo giorno. Al rientro in albergo, nonostante lo scarso successo dei test della giornata, ci sentiamo quasi liberati da un peso. Il giorno dopo mi sveglio con calma e rilassato, faccio colazione e attendo pazientemente il momento della partenza. Una pioggia torrenziale intervallata a momenti di cocente sole ci saluta mentre ci mettiamo nuovamente in marcia per percorrere gli oltre 700 km che, passando per Lahore (fino a dove siamo rigorosamente scortati), ci porta fino ad Islamabad. La prima parte del viaggio è un incubo che si snoda lungo strade densamente trafficate che passano per caotici centri abitati, dove le nostre macchine sorpassano tipici e pittoreschi camion (che procedono generalmente ad una velocità variabile da 7 a 12 km/h), tuk tuk, motorini, biciclette, carri trainati da asini o buoi, capre, cani ed ogni altra sorta di veicolo o essere vivente, facendoci provare in più di qualche occasione brividi di paura.
Oltre alla notizia del giorno prima su un aereo della Air Blue (compagnia privata pakistana) precipitato sulle colline a sud di Islamabad (150 i morti), a complicare la giornata arriva l'ulteriore notizia delle inondazioni a Islamabad e Peshawar che avrebbero causato centinaia di morti (500, secondo quanto riporta il giornale di oggi). La cosa inizialmente sembra costringerci ad una sosta forzata a Lahore; poi, ricevute notizie confortanti dalla capitale sulla possibilità di raggiungere il Marriott Hotel, arriviamo a destinazione a notte inoltrata, dopo più di 12 ore di viaggio. Posso finalmente fare una doccia calda e riposare su un comodo lettone a 7 guanciali, senza puntare la sveglia per il giorno seguente.

Cronache Pakistane - giorno 9

OVVERO: gita nel cuore del Pakistan

La sera del 20 luglio scorso, sulla misera brandina del mio misero bungalow nel misero hotel della misera città in cui eravamo approdati poche ore prima, scrivevo quanto di seguito:

Il previsto giorno di viaggio ha inizio ma con quasi due ore di ritardo sul previsto perchè tardano a venirci a prendere, confermando ulteriormente quanto già si era capito nei giorni precedenti, cioè che gli appuntamenti alla pakistana sono molto simili agli appuntamenti alla romana.

Partire alle 10 per percorrere i circa 360 km che ci separano dall'aeroporto di Lahore e prendere il volo della Pakistan International Airlines (PIA) delle ore 15 sembra impresa impossibile, soprattutto considerando la scarsa qualità della rete stradale pakistana. In realtà gran parte dei km che ci separano dalla meta scivolano via senza troppe complicazioni, lungo una autostrada poco affollata e di discreta fattura, eccezion fatta per un tratto di 4-5 km che scende nervosamente e pericolosamente (e i camion usciti fuori di strada che incontriamo lo dimostrano) tra le montagne fino a portarci lungo una sconfinata pianura dove si succedono senza sosta coltivazioni di riso e fabbriche di mattoni. Siamo entrati nel cuore del vero Pakistan, lontani dalla sottile decenza di Islamabad, e la cosa risulta ancora più chiara quando usciamo dall'autostrada e raggiungiamo Lahore. Le strade sono sovraccariche di un caotico ammasso di carretti, pedoni, auto, camion, bus, tuk-tuk, biciclette, asini, buoi, cavalli e altri animali, mentre costeggiamo un fiume inquinato e limaccioso in cui la gente si fa il bagno, si lava gli indumenti, fa il bagno alle proprie bestie e svolge altre attività.

Attraversiamo Lahore e raggiungiamo il moderno aeroporto della città alle ore 14.50. In qualsiasi altra nazione del mondo avremmo perso l'aereo ma non qui: il capitano in persona ci fa check in e imbarco e alle 15.25 saliamo a bordo dell'ATR42 che ci porta in poco più di un'ora all'approssimativo e decadente aeroporto di Multan. Dopo poco più di un'ora un piccolo bus ci viene a prendere per percorrere i circa 100 km che mancano per raggiungere Bahawalpur.
Lungo queste strade lo scenario diventa ancora più delirante e apocalittico di Lahore: ogni tentativo di descrivere quello che i miei occhi vedono sarebbe superflua e non riuscirebbe assolutamente a rendere l'idea. Il nostro alloggio per i prossimi 10 gg sarà in un hotel gestito dall'ente del turismo pakistano (Pakistan Tourism Development Corporation, PTDC). Siamo lontani anni luce dalla situazione del Marriott: in gruppi di due o tre ci dividiamo dei frugali bungalow con dei miseri letti e dei sudici bagni; unica fortuna, vista l'aria calda e soffocante di Bahawalpur, la presenza dell'aria condizionata.

Dopo una tipica cena pakistana a base di riso, pollo arrosto e "tikka chicken", servitaci dal cortese e disponibilissimo personale dell'albergo, non resta che coordinare le attività del giorno dopo ed avviarci nelle nostre fresche stanze per riposare, non prima di battezzare cinicamente il posto in cui ci troviamo come "il buco del culo del mondo".

Cronache Pakistane - giorno 20

OVVERO: Ritorno ad Islamabad

Ci eravamo lasciati all'alba della mia partenza per Bahawalpur, nel cuore del Pakistan, a poca distanza dal confine con l'India. Riprendo il mio diario di viaggio 12 giorni dopo, comodamente sdraiato sul lettone a 7 cuscini della mia stanza al terzo piano del Marriott Hotel di Islamabad, dove sono rientrato nella notte tra il 29 ed il 30 agosto dopo un allucinante (almeno per la prima metà) viaggio in auto di circa 750 km. Sono stati giorni intensi, faticosi ed appiccicaticci quelli di Bahawalpur, durante i quali non avendo avuto a disposizione una connessione internet, non ho potuto tenere aggiornato il mio diario; in realtà non ho neanche avuto la forza di mantenere un diario offline da pubblicare successivamente, eccezione fatta per il giorno del nostro arrivo. Con i ricordi ancora vividi di quei giorni farò comunque un riassunto in uno dei prossimi post.

Intanto, dopo le fatiche di Bahawalpur, il team si gode il meritato riposo nella prigione dorata del Marriott e pian piano inizia a smembrarsi; con le partenze di questa notte siamo rimasti in 5, tutti lasceremo Islamabad il 2 Agosto per tornare a casa. Le cronache pakistane volgono al termine con già la consapevole certezza di un nostro ritorno a settembre.

lunedì, luglio 19, 2010

Cronache Pakistane - giorni 6, 7, 8

OVVERO: comunque vada sarò su un cesso

Come previsto l'attività lavorativa è entrata nel vivo. Con soli 2 giorni e mezzo a disposizione, ci sono volute tante ore di straordinario e tanto sudore per stare nei tempi, ma alla fine il risultato può ritenersi soddisfacente! Oggi pomeriggio un po' di riposo, mentre domani, con il team già ridotto di un paio di entità, sarà giorno di viaggio: partenza alle 8 da Islamabad per raggiungere, in auto, la città di Lahore dalla quale, in aereo, raggiungeremo la città di Multan e da questa, ancora in auto, la destinazione finale: Bahawalpur, nella parte meridionale del paese, dove si svolgerà la seconda e più importante parte delle attività previste.

E mentre l'odierna visita di Hilary Clinton ha suscitato in me un sentimento di vaga preoccupazione per un eventuale rischio di attentati, stasera, sfogliando la pila di quotidiani che giaceva sulla scrivania della mia camera, ho notato come con maligna precisione ogni giorno vengano riportati in prima pagina notizie di morti, esplosioni e attacchi suicidi. Esempio esaustivo dalle sole prime pagine:
  • "Suicide attack shatters Swat peace; six dead", The Nation del 16 Luglio;
  • "Over 20 killed in Iran mosque explosion", The Nation del 16 Luglio;
  • "Foreign Fighter among 17 killed in Orakzai", The Nation del 16 Luglio;
  • "US Missiles kill 10 in N Warizistan", The Nation del 16 Luglio;
  • "10 killed in Tirah blast", The News del 17 Luglio;
  • "Militants kill 18 Shias in Kurram convoy attack", Daily Times del 18 Luglio;
  • "18 militants killed in Orakzay", The Nation del 19 Luglio;
  • "One killed in Sargodha blast", The Nation del 19 Luglio.
Intanto, però, l'unico attentato alla mia incolumità l'ha perpetrato la sbarra per veicoli del Marriott Hotel, contro cui mi sono sfranto violentemente oggi (mentre camminavo distrattamente) colpendola in pieno con lo zigomo destro, rimediando un bel taglio sotto l'occhio e un ematoma (neanche tanto vistoso se correlato alla "tranva" che ho dato) modello "pugno in un occhio".

Continua anche la personale lotta del mio intestino contro la flora batterica dei cibi e dei liquidi giornalmente ingurgitati; per dirla con un eufemismo potrei scrivere che "passo molto tempo seduto in riunione col ministro...". Una situazione che sarà sicuramente una costante anche nei prossimi giorni, da qui il sottotitolo del post :-)

A risentirci da Bahawalpur!

venerdì, luglio 16, 2010

Cronache Pakistane - giorni 4 e 5

OVVERO: acclimatamento

Dopo i primi giorni di permanenza in terra pakistana iniziano a vedersi i primi effetti sul team.
E così mentre Vic sogna del mio arresto per molestie ad un capriccioso ragazzino locale, Vic stesso è il primo a subire KO tecnico alla terza ripresa (dove "ripresa" sta per "cena in tipico ristorante pakistano", e "KO tecnico" sta per ... beh provate ad immaginare...). Io invece dopo quattro riprese continuo ancora a reggere anche se inizio a sentire i primi segni di cedimento.
E mentre l'attività stenta ancora a partire per problemi non dipendenti da noi, l'originale team di 4 persone che era arrivato "a testa di ariete" per sondare il campo si è allargato a fino ad arrivare ad 11 persone.Tutte più o meno in ferie nella prigione dorata del Marriott Hotel.

Nel frattempo si acquisiscono conoscenze ed esperienze sulla cultura pakistana, che vado ne seguito brevemente a citare:
  • oltre ad un innato odio per la cultura americana, è tipica nel pakistano una sorta di antipatia, anche qui per ovvi motivi, verso l'India e il Bangladesh; è quindi opportuno per non creare momenti di imbarazzo mostrare indifferenza verso questi due paesi e parlarne poco: l'India è così diventato nei discorsi "intra-nos" il "paese innominabile". Pochi giorni fa nel corso di una normale conversazione uno dei nostri interlocutori ha anche affermato che "gli inglesi sono stati la rovina del mondo"; per un paese che ha subito il dominio inglese che ne ha disintegrato l'identità è il minimo che ci si potesse aspettare;
  • per lo stesso motivo di qui sopra è meglio non mostrare apprezzamenti per filosofie tipo induismo, buddismo e simili. Un seguace di una di queste filosofie, per un musulmano, è un uomo senza fede e vizioso. Allo stesso modo è visto un ateo. Molto meglio, allora, fingere di essere cattolico (alla faccia di tutti gli scandali che stanno colpendo la nostra sacra romana chiesa!!!);
  • nell'ordinaria conversazione un motivo di imbarazzo è sempre in agguato: ad esempio, il giorno del mio arrivo indossavo una t-shirt con questa stampa sul davanti; se non che uno dei nostri interlocutori me ne ha chiesto il significato; per fortuna non mi sono gettato nella descrizione della teoria dell'evoluzione ma ho commentato con un opportuno e fantasioso "we're all slave to the enterprises, thanks to the Americans"; per fortuna perchè, come notato a posteriori, la teoria dell'evoluzione è considerata blasfema nella cultura musulmana;
  • Islamabad è una città strana: nata negli anni 60 e fin da subito pensata come nuova capitale pakistana, sorge all'interno di una zona naturale protetta a ridosso del limite sud occidentale dell'Himalaya. La città è divisa in settori creati dalla topologia ortogonale delle strade (un po' come le "streets" e le "avenues" a Manhattan), ma capita spesso di percorrere strade curvilinee circondate da una rigogliosa vegetazione. La temperatura in questo periodo è piuttosto alta (oggi si sono probabilmente toccati i 40 gradi), ma l'umidità è a livelli accettabili e spesso arriva un vento dal nord che porta un po' di sollievo;
  • con l'encomiabile e a volte imbarazzante ospitalità dei nostri interlocutori, ogni sera finiamo per banchettare intorno ad uno dei tipici ristoranti di Islamabad, dove si può assaporare una gustosa ma speziatissima cucina pakistana e, raramente, qualche piatto di cucina internazionale. Particolarmente grazioso un ristorante in cui siamo già stati due volte (vedi post precedente), il Des Pardes, all'interno di un tipico villaggio, dove si mangia e si fuma shisha all'aperto in comodi e tipici divanetti in un ambiente raffinato (eccezion fatta per i bagni) e rilassante e nelle immediate vicinanze di un piccolo e bellissimo tempio induista;
  • la zona di confine tra Pakistan e Afghanistan è famosa per le proprie piantagioni di marijuana e oppio; sebbene ora sia illegale, la marijuana è stata per secoli utilizzata per essere fumata con le shisha.
Oggi, alla quinta cena, riusciamo a non essere trascinati nell'ennesimo ristorante pakistano e ceniamo nell'ottimo ristorante cinese del Marriott mentre domani, dopo ennesimi rinvii, si dovrebbe entrare nel vivo delle attività lavorative.

mercoledì, luglio 14, 2010

Greetings from Islamabad

Dopo un mese di giugno lavorativamente tranquillo, ecco arrivare luglio ed ecco arrivare un impegno di lavoro interessante (e che quindi ho prontamente accettato). Così domenica scorsa, preparati i bagagli, ho raggiunto l'aeroporto di Fiumicino per imbarcarmi, in compagnia di altri 3 colleghi, sull'aereo della Fly Emirates delle 15.20 con destinazione finale Islamabad, Pakistan, raggiunta dopo più di 12 ore di viaggio compresa una lunga sosta all'aeroporto di Dubai.

Il primo contatto con il paese è rappresentato dall'arrivo all'aeroporto della capitale pakistana: decisamente l'aeroporto internazionale peggiore che mi sia mai capitato di vedere nella mia breve vita di viaggiatore. Una lunga e caotica fila per il controllo passaporti ed una estenuante attesa al nastro bagagli per riprendere le nostre cose. Una volta fuori le prime percezioni mi riportano al 2007 e alla mia esperienza in Bangladesh: una fitta folla di persone ad aspettare chissà chi, caos, caldo afoso e qualche strano odore nell'aria. Anche lungo il tragitto che ci porta dall'aeroporto al Marriott Hotel (tristemente famoso per un paio di attentati negli anni scorsi, l'ultimo dei quali nel 2008) molto di quello che mi circonda mi riporta al 2007 e a Dhaka: i coloratissimi truck che trasportano di tutto, il traffico caotico i continui colpi di clacson e la guida a sinistra, i pedoni che attraversano incautamente l'autostrada facendo lo slalom tra le auto vetuste e diroccate, la gente in attesa ai lati della strada, i bus più che strapieni (vedi foto). Con, però, una importante differenza: la città è più che militarizzata, ci sono guardie armate dappertutto e posti di blocco continui: lo stesso Marriott Hotel (che tra l'altro si trova in un quartiere "in", nelle immediate vicinanze di case importanti e del palazzo del Parlamento) è praticamente una fortezza (o una prigione di lusso per gli ospiti), difesa da decine e decine di persone armate e con accuratissimi controlli di sicurezza per chiunque voglia entrare.

Detto questo c'è anche da dire che, a parte il pericolo rappresentato dalla viabilità, girare per Islamabad non sembra eccessivamente pericoloso: lungo i nostri tragitti (anche se rigorosamente accompagnati) le strade sono apparse sufficientemente pulite, non ci sono evidenti tracce di miseria e lerciume, le costruzioni sono relativamente moderne. E' piuttosto curioso girare di notte per le strade dotate di pali per illuminazione ma rigorosamente tutti spenti, probabilmente a causa della crisi energetica. Anche la temperatura è piuttosto accettabile: di giorno è caldo-umido ma frequentemente un piacevole vento proveniente dalle montagne porta un po' di sollievo. Calato il sole la situazione migliora notevolmente. E l'ospitalità e la bontà delle persone conosciute finora è più che eccezionale: naturalmente, dai normali discorsi intavolati si percepisce immediatamente questa sorta di odio atavico che hanno per tutto ciò che è americano.

Al terzo giorno di permanenza, c'è poco altro da dire. Ieri sera ci hanno portato a cena in un villaggio poco fuori Islamabad, a ridosso delle montagne a nord, che a parte la comodità dell'elettricità è rimasto intatto dalla sua nascita come agglomerato, più di 200 anni fa. Domani invece si dovrebbe entrare nel pieno dell'attività lavorativa che, per il momento, procede abbastanza lentamente.

sabato, giugno 26, 2010

Atto finale: OCC & Woodbury Outlet

Per completare questa postuma nonchè tardiva testimonianza delle nostre recenti vacanze, rimane da raccontare l'ultima "missione" compiuta prima di aver lasciato gli States.
Lasciata Niagara Falls, a bordo della nostra Dodge Caravan ci dirigiamo nuovamente verso lo stato di New York. La destinazione è la contea di Orange, ad un centinaio di km da New York City. Arriviamo in zona nel pomeriggio, e prima di raggiungere la cittadina di Newburgh, dove abbiamo prenotato il nostro hotel, facciamo sosta al negozio/show room della Orange County Choppers, istituzione americana nel campo delle moto "custom" fino a poco prima a me totalmente sconosciuta (un grazie all'amico Giorgione). Usciamo dalla OCC con tante foto e alcuni acquisti, tra i quali la miniatura "bobbling head" di Paul Sr, che vedete in ultima foto nello slideshow. A Newburgh ci accoglie un'atmosfera che si direbbe essere quella da tipica provincia americana, che sperimentiamo principalmente nel ristorante (molto "a stelle e strisce") in cui ceniamo la sera stessa e quella seguente.

Il giorno dopo è lo "shopping day"; lo scenario dove si svolgono le nostre scorribande è il Woodbury Common Premium Outlets con i suoi 220 negozi delle marche più famose; è l'occasione migliore per tutti per rifarsi il guardaroba approfittando dei prezzi convenienti e del vantaggio del cambio dollaro/euro (anche se molto meno vantaggioso del recente passato).

Con le valigie stracolme, il giorno seguente lasciamo la contea di Orange e raggiungiamo l'aeroporto JFK di New York; è ora di tornare in patria e dare termine a questa fantastica avventura.

venerdì, giugno 18, 2010

Niagara Falls

Arrivati a Niagara Falls già in ritardo, incappiamo in un addetto doganale canadese piuttosto ostico che ci fa perdere ulteriormente tempo. Il ritardo accumulato torna però a nostro vantaggio quando mettiamo piede all'Embassy Hotel. Della tipologia di camera da noi prenotata non c'è disponibilità e quindi ci danno un upgrade gratuito assegnandoci le suites dell'hotel. Ci ritroviamo così al 39° e al 42° piano, in due stanze che sono in realtà appartamenti e con una vista sulle cascate che semplicemente toglie il fiato.

Il giorno dedicato alla visita delle cascate non può che passare per le sue attrazioni principali:
  • Niagara's Fury: the creation of the falls; una sorta di esperienza 4d che per mezzo di immagini, suoni e altri input sensoriali mostra la nascita delle cascate dallo scongelamento dei ghiacci dell'ultima era glaciale.
  • Journey behind the falls: un percorso scavato nella roccia che porta il visitatore dietro le cascate e al suo fianco
  • Maid of the mist: il battello che, dopo aver costeggiato le american falls, si spinge incredibilmente vicino alle horseshoe falls per ammirare la potenza delle acque da una prospettiva unica.
La giornata è semplicemente stupenda e l'afflusso di turisti non ancora critico; ne esce fuori una giornata godibilissima che si conclude con un giro preserale ad un vicino outlet ed una squisita (ed abbordabile per quanto concerne il prezzo) aragosta per cena.

La vacanza si avvicina alla sua conclusione ma c'è ancora una missione da compiere... e un altro post da attendere.

venerdì, giugno 11, 2010

I 6 giorni di New York

Eravamo rimasti al nostro arrivo nella Grande Mela, il lontano 12 Maggio scorso. A quasi un mese di distanza trovo il tempo di scrivere un po' di questa nostra fantastica avventura in terra statunitense. Un mix perfetto che si è così svolto:
  1. 13 maggio: immancabile l'itinerario, partendo dal nostro albergo tra la 42nd street e la 3rd avenue, lungo la stessa 42nd fino ad arrivare all' incontro con la 5th avenue e Broadway, lì dove sorge quell'ineguagliabile calderone di input soprattutto visivi che è Times Square. Così come inevitabile è il richiamo dell'Empire State Building, alla cui visita dedichiamo le ore centrali del giorno. Per concludere la giornata ci godiamo il tramonto e la discesa del buio su Manhattan a bordo di un traghetto intorno l'isola stessa.
  2. 14 maggio: è la volta di arrivare a Lower Manhattan. Stazione metro di arrivo: Wall Street, all'uscita della quale ci troviamo di fronte la graziosa Trinity church. Poi giù lungo Wall Street stessa fino a raggiungere South street. Qui visitiamo la curiosa mostra Bodies, per poi proseguire verso l'immancabile ponte di Brooklyn. Attraversatolo interamente, riprendiamo la metro per riportarci in zona Ground Zero a Lower Manhattan e dare uno sguardo all'immenso cantiere e al museo-tributo dedicato all'11 Settembre. Per la serata ci immergiamo nella follia di Times Square e dintorni. D'obbligo la sosta all'Hard Rock Cafè, in particolare al suo negozio.
  3. 15 maggio: è il giorno dedicato a Central Park. Decidiamo di girare per l'immenso polmone verde di New York in bicicletta, circumnavigandolo interamente e facendo varie soste. Lungo il tragitto, sosta pressoché obbligatoria al Museo di Storia Naturale. Riconsegnati i mezzi di trasporto, raggiungiamo il vicino zoo per una rapida visita. Per la serata, dopo un po' di shopping sulla Quinta strada (d'obbligo la sosta all'Apple Store), ci lasciamo affascinare dai miliardi di luci della città osservandone il panorama dal Top of the Rocks (la torre più alta del Rockefeller Center).
  4. 16 maggio: il primo appuntamento mattutino è l'Intrepid Sea Air & Space Museum; in breve, un vero sottomarino e una portaerei ancorati al Manhattan Cruise Terminal e completamente visitabili: alternativo e interessante. il secondo appuntamento è la visita di Chinatown e Little Italy, con tanto di pranzo cinese e acquisto di souvenir. Per la serata l'appuntamento è chic: cena al The View restaurant, il ristorante rotante al 47 piano del Marriott Hotel direttamente su Times Square.
  5. 17 maggio: è la giornata dedicata allo shopping: Macy's e Century 21 le mete principali. Nel primo pomeriggio ci troviamo in zona Madison Square Park, dove Broadway incontra la Quinta strada. Qui, risalendo lungo la Broadway, arriviamo di nuovo a Times Square dove, curiosi, entriamo in quell'universo di giocattoli che è Toys R Us. La cena è in un ristorante coreano dove ci incontriamo con Francesco, un mio vecchio compagno di Liceo ora newyork-ese che non vedevo appunto dai tempi del liceo. Piacevole averlo rincontrato e interessante il farsi raccontare la sua esperienza di vita nella metropoli americana.
  6. 18 maggio: da tempo prenotata tramite internet, la visita alla Statua della Libertà è riservata proprio per questo giorno. Meterologicamente il giorno peggiore da quando siamo arrivati: cielo coperto e pioggia continua. Dopo il laborioso check in saliamo a bordo del traghetto che ci porta a Liberty Island: dopo aver raggiunto il basamento dove poggia la Signora, con in nostri Crown Ticket ci arrampichiamo per una lunga scala a chiocciola che ci porta appunto fino alla corona, sulla testa della signora stessa. Giunti a destinazione, complice anche il cattivo tempo, c'è poco altro da fare se non prendere la scala a chiocciola di discesa e tornare al basamento. Provati dalla fatica e stressati dal tempo, torniamo a Midtown dove, dopo un intervallo-shopping dedicato alle calzature, torniamo in albergo per un po' di riposo. Nel tardo pomeriggio decidiamo di andare al Museo delle cere di Madame Tussauds: una visita che si rivelerà divertente.
Il 19 maggio è il giorno in cui lasciamo New York. Ad un isolato dall'albergo ritiriamo l'auto prenotata tempo prima (una immensa Dodge Caravan che riesce a contenere senza problemi tutti i nostri bagagli) e ci muoviamo in direzione Niagara Falls, Ontario, Canada. Sono circa 700 i km da percorrere, quindi la giornata è praticamente incentrata sul viaggio, ulteriormente complicato dalla presenza di un incidente che ci fa perdere più di 2 ore. Notevole la pausa pranzo in una Longhorn Steakhouse, dove ci portano la porzione di dolce più grande che abbia mai potuto vedere nella mia vita!

Qui finiscono le cronache dell'avventura a New York, ma non quelle della nostra vacanza, che proseguiranno nel prossimo post. In chiusura l'immancabile slideshow. Once again, stay tuned...

giovedì, maggio 13, 2010

Cronache dalla Grande Mela


Veduta in notturna dalla finestra della camera del mio hotel, a Midtown.

Dopo un viaggio che è stato un calvario (più di 4 ore di ritardo sulla partenza e rotta "allungata" di 2 ore per evitare le maligne nubi di cenere causate dalle eruzioni del vulcano Eyjafjallajökull), verso le 19 (ora locale) di oggi io, Jessy, Giorgione e Simona siamo finalmente atterrati a New York City, dove hanno ufficialmente inizio i nostri 11 giorni di vacanza in terra statunitense. Ed oggi tra tempi di sdoganamento (con tanto di guasto nel collegamento ai computer Alitalia) e tempi di trasferimento dall'aeroporto JFK a Manhattan è rimasto ben poco altro; giusto il tempo per una breve camminata su e già per 42.ma strada. Ma giornate grandiose ci aspettano qui a New York, nella speranza che il tempo rimanga clemente per tutta la durata del nostro soggiorno. Stay tuned.

giovedì, aprile 29, 2010

Dalla Sardegna alle Puglie

Terminata la nervosa trasferta in terra sarda (nervosa perchè, per capricci non miei, sono dovuto rientrare in "continente" mercoledì sera per poi tornare sul posto giovedì sera e nuovamente rientrare venerdì sera), come il simpatico "porceddu" immortalato mercoledì pomeriggio sulla strada da Teulada verso Cagliari mi sono rimesso in strada per raggiungere di nuovo la Puglia (da dove scrivo) per altre 2 settimane di "agonia" lavorativa. Attività che trovo la forza di svolgere avendo in mente il meritato riposo che mi aspetta proprio tra 2 settimane, quando staccherò la spina per almeno venti giorni. Ancora 9 giorni all'ora X .... dai Ame che ce la fai!!!

venerdì, aprile 02, 2010

Breve cronaca dalle Puglie

Due settimane e mezzo di permanenza in terra pugliese sono terminate con un giorno di anticipo. Tralasciando le insoddisfazioni professionali per il tipo di attività che ho svolto (e continuerò a svolgere in giro per l'Italia nei prossimi mesi), e il poco tempo a disposizione per trastullo (praticamente un solo weekend) è stata una bella permanenza in una terra che non conoscevo benissimo e che ha tanti aspetti interessanti: una storia non indifferente, il mare, il sole, il verde delle campagne, il cibo, il vino, le belle donne.... Tutte cose che l'hanno lanciata ai posti alti della mia hit parade personale delle regioni italiane che preferisco. E dire che mi sono limitato alla sola parte centrale della regione (province di Barletta-Andria-Trani e di Bari); ma sono previste altre trasferte durante l'anno (la prossima già da fine aprile), che spero di poter utilizzare esplorando i territori a nord e a sud. Intanto chiudo il post con il consueto slideshow di foto e vi rimando alle prossime avventure.


martedì, dicembre 01, 2009

The long walk in København

Come previsto, venerdì siamo tornati a Copenhagen e, mentre il buon Gengy è salito a bordo dell'aereo che lo ha riportato in patria, io sono salito a bordo del treno che mi ha portato alla Stazione Centrale, dando così inizio al mio fine settimana nella capitale danese.

Un weekend che, come sempre faccio quando mi ritrovo turista solitario, ho speso principalmente macinando chilometri in lungo e largo per le strade della città, alla ricerca degli scorci più nascosti ma comunque suggestivi e dei luoghi meno battuti da turisti. Per la settimana prossima c'è infatti in programma il vero weekend a Copenhagen, in compagnia della mia dolce metà che mi raggiungerà a spese di parte delle miglia accumulate finora con questo mio pazzo lavoro. E allora ci sarà tempo per Sirenette, castelli di Amleto, momenti romantici e quant'altro! Anche se poi, tutto sommato, la città è tutta lì, a portata di cammino, e quindi inevitabilmente ho finito per passare anche per gli angoli più noti. Ma mi sono anche regalato una bella escursione fuori dal centro, nel significativo quartiere di Christiania, lì dove giacciono i resti del sogno hippie di 40 anni fa.

Nel mio peregrinare, quello che la città mi ha trasmesso è la tranquillità dei suoi ritmi, l'organizzazione dei servizi, il rispetto delle persone per ciò che è pubblico, l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto cittadino con ogni tipo di tempo e ad ogni ora del giorno e della notte... Tutte cose fantastiche e che posso solo sognare di vedere un giorno applicate in Italia. E già la città mi ha regalato inquadrature suggestive per le mie foto, che ho scattato in tutta tranquillità visto che avrò a disposizione un ulteriore weekend, dedicandomi, intensamente e indisturbato, alla mia passione per le foto panoramiche.

giovedì, novembre 26, 2009

Fredericia

Non è, come qualcuno dei miei amici pensava, il nome della donna con la quale tradisco la mia dolce metà, ma il nome della quindicesima città per estensione della Danimarca, situata nella parte centrale della nazione, circa 200 km ad ovest della capitale Copenhagen. Ed è dove mi trovo da lunedì scorso ed il luogo da dove scrivo adesso, ennesima peregrinazione in terra straniera per motivi di lavoro. E' la mia prima volta in Danimarca e sto acquisendo conoscenza del territorio, dei costumi, delle persone e del cibo in una stagione non certo favorevole: temperatue che oscillano tra i 6 e gli 8 gradi, cielo costantemente coperto di nuvole e frequenti piogge di breve durata e piccola intensità.

Fredericia è una tranquilla e ventosa città portuale che ha poco da offrire (almeno in questo periodo dell'anno, dal lunedì al venerdì e dalle 19.30 in poi) al viaggiatore occasionale; un centro storico pedonale semi deserto, qualche ristorante (degno di nota quello mongolo dove già un paio di volte mi sono rimpinzato di noodles), un McDonalds e niente più. Per fortuna l'ospitalità non è male e la lingua inglese è decisamente diffusa soprattutto tra i più giovani ; per fortuna ho passato la settimana in compagnia; e per fortuna ho pianificato di passarle il weekend nella ben più "viva" e interessante Copenhagen (anche se sarò da solo), per poi rientrare nella serata di domenica, in compagnia di un nuovo collega, per la seconda e ultima settimana danese.

sabato, ottobre 24, 2009

Ame d'Arabia reloaded

Dopo aver festeggiato i miei 33 anni in fondo al bunker a Elmadag, e dopo ben 6 giorni durante i quali ho alloggiato più o meno a casa, sabato 17 sono nuovamente partito per altre due settimane di trasferta in un posto a me già noto, ovvero gli Emirati Arabi Uniti e in particolare l'emirato di Abu Dhabi. E già la prima settimana di trasferta è andata, ompreso il weekend; domani avrà inizio la seconda settimana. Cosa c'è di diverso rispetto alla volta scorsa? In primis la temperatura, che questa volta è molto più clemente di giugno, addirittura gradevole, con giornate calde e serate ventilate. Poi la particolare aria internazionale che si respira in città, che si appresta a vivere il suo primo Gran Premio di Formula 1. Ad ultimo, la presenza di un paio di colleghi la cui assidua presenza in trasferta li ha resi profondi conoscitori della città, che sto quindi scoprendo in maniera più coinvolgente della volta scorsa. Per il resto tutto è uguale e quasi noioso.

domenica, ottobre 04, 2009

Beypazarı

Meta di questa nostra seconda ed ultima (per il momento) domenica turca è il piccolo paesino di Beypazarı, 100 km ad ovest di Ankara. Abbiamo fatto questa scelta perchè, dopo un mio attento studio di sistema, non sembrava esserci altro di altrettanto interessante a distanza ragionevole dalla capitale; circa 250 km ad est ci sarebbe stata Hattusa, antica capitale dell'impero ittita e patrimonio dell'umanità dell'Unesco, che abbiamo però escluso considerando la distanza da percorrere troppo elevata (a buon ragione, dopo la sfacchinata di domenica scorsa).

La strada che ci porta a Beypazarı, dopo aver attraversato i paesini dell'hinterland di Ankara, si immerge nel mezzo delle ocri e brulle colline anatoliche, trasformandosi velocemente da una superstrada a 2 corsie ad una strada accidentata, con frequenti tratti ciottolosi o con asfalto sconnesso; pian piano il paesaggio cambia lievemente, le colline si colorano appena di verde ed iniziano ad apparire campi coltivati nei quali squadre di poveri contadini si dedicano alla raccolta di quelli che sembrano essere pomodori. Superato l'ultimo paesino di 5000 anime, comprese probabilmente le pecore e le galline (sì perchè qui in Turchia, il cartello che segna l'inizio di un centro abitato riporta anche la popolazione della comunità risalente all'ultimo censimento), un ultimo pezzo di strada fortemente dissestata ci porta finalmente a destinazione.

Beypazarı è un paese dalla storia antichissima, essendo stato un punto di passaggio importante per i commerci dell'antico impero ottomano. La cultura ottomana si intravvede principalmente nell'architettura delle abitazioni, accuratamente recuperate da un lungo periodo di abbandono. E cosı Beypazarı è diventata una delle mete favorite dagli abitanti di Ankara per una gita fuori porta, ed infatti i turisti turchi per le strade del paese sono in quantità; molti meno, invece, i turisti stranieri, e lo notiamo anche dalla curiosità con cui ci guardano e cercano di interagire con noi i bambini che abitano la zona più alta e più remota dal centro della città, dove le case sono ancora fatiscenti e la povertà e semplicità degli abitanti traspare in tutti gli aspetti.

Dopo un tipico pranzo turco (cucina rigorosamente ottomana), raggiungiamo un punto panoramico dove trascorriamo altri momenti chiacchierando e scattando foto; ci rimuoviamo poi in direzione di Ankara, per immergeci nuovamente nella modernità di uno dei suoi centri commerciali, dove facciamo uno spuntino composto da una patata al forno ripiena all'impossibile di burro, wurstel (rigorosamente di pollo), formaggio, olive, peperoncino e tanto altro; una mazzata non indifferente per i nostri stomaci! Via allo slideshow finale...

domenica, settembre 27, 2009

Kapadokia

Dopo uno stressante venerdì e un sabato per metà lavorativo e per metà di riposo, per la domenica decidiamo di recitare la parte dei turisti e, sfruttando la relativa vicinanza, di dedicarci alla visita della Cappadocia.
Circa 280 i chilometri che separano Ankara da Nevşehir, la nostra porta di accesso a questo fantastico ed unico territorio; un percorso nel cuore della Turchia più vera, circondati da un territorio in verità piuttosto monotono ma che fa da preludio alle meraviglie che seguiranno. Raggiunta Nevşehir, la Kapadokia si rivela ai nostri occhi in tutto il suo fascino e la sua aliena bellezza. Il resto è tutto un girovagare tra le varie località della regione: Uçhisar e il suo castello, Göreme - patrimonio Unesco, Çavuşin, Zelde e i suoi paesaggi lunari (bellissimi i cosiddetti Camini delle Fate, a buon ragione scelti come simbolo della regione), Devrent e Avanos. Non visitiamo tutto quello che c'è da visitare ma quello che vediamo (lo slideshow finale ne è un piccolo sunto) è sufficiente a farci concludere che la Cappadocia è veramente una regione unica al mondo, che dà la possibilità di vivere un po' della vera Turchia e di ammirare panorami morfologicamente molto "extra" e poco "terrestri". Consigliatissimo!!!

giovedì, agosto 27, 2009

I diari della motocicletta - conclusione

KM. 354.1: Firenze - Arezzo - Latina

E' il giorno del rientro. Partiti con la solita calma da Firenze (calma causata anche dal solito imprevisto che mi costringe a girare per la città alla ricerca di un negozio della "3"), prendiamo contatto con il Gamba per una sosta tecnica nei dintorni di Arezzo e un pranzo insieme. Sono ormai passate le 3 del pomeriggio quando ci rimettiamo in viaggio e, lungo l'Autostrada del Sole, il Grande Raccordo Anulare e la Pontina, raggiungiamo casa.

Tale è il senso di libertà e il tocco di imprevedibilità che da una vacanza in moto che più la destinazione si avvicinava più cresceva in noi la voglia di non dare termine a questa nostra avventura e di proseguire ancora in questo adrenalinico viaggio itinerante; di non tornare all'opprimente tran-tran delle vicissitudini casalinghe, all'altalenante andamento degli impegni e dei rapporti lavorativi e a tutto il resto. Desiderio ovviamente irrealizzabile e così non mi resta che chiudere i capitoli dei "diari" con il solito slideshow, che riassume le varie tappe effettuate nei 2987,5 km percorsi e suscita ad ogni snapshot, nonostante lo pubblichi a un mese esatto di distanza, ricordi talmente redivivi da sembrare appena trascorsi.

mercoledì, agosto 26, 2009

I diari della motocicletta - tredicesimo giorno

KM. 37.8: Firenze

Pochi chilometri percorsi oggi, principalmente in serata per trovare una buona trattoria periferica in cui mangiare bene e spendere poco. Il resto è stata una lunga camminata per il fantastico centro storico di Firenze; non solo, come ieri, Piazza della Signoria e Piazza del Duomo (dove scaliamo anche gli oltre 400 scalini del Campanile di Giotto e Jessy, vincendo la sua atavica paura per l'altezza, mi da prova del suo amore per me), ma anche gli Uffizi, Piazza Santa Croce, Piazza della Repubblica, Ponte Vecchio e così via. Una giornata piena e intensa in una delle città italiane che amiamo di più per chiudere praticamente la nostra avventura itinerante; domani è il giorno del rientro.
La cupola della Basilica di Santa Maria del Fiore
Il chiostro della Basilica di Santa Croce
Veduta dalla sommità del Campanile di Giotto
Ponte Vecchio e l'Arno