venerdì, luglio 24, 2009

Goodbye Bucuresti

Scrivo dall'aeroporto internazionale Otopeni di Bucarest, in attesa di prendere il volo che mi riporterà a casa. Anche questa trasferta è arrivata alla fine e, a parte lo scontato successo dell'operazione, mi ha lasciato piuttosto indifferente e con una forte sensazione di insoddisfazione. Forse l'approssimarsi delle vacanze estive ha un certo peso, ma la convinzione è che il ruolo che ricopro attualmente dal punto di vista lavorativo inizi a starmi stretto (anzi, mi stia sempre più stretto). Non è insofferenza per l'attuale condizione di lavoratore con la valigia, non è il viaggiare in sè stesso che mi ha stancato; certo fare settimane di trasferta lontano da casa e in solitudine (la mancanze del team) non è piacevole ma in un modo o nell'altro si sopravvive. E' piuttosto l'insoddisfazione per il tipo di attività lavorativa, l'insufficienza di stimoli professionali che inizia a pesare. E i miei tentativi di portare alla luce la situazione a chi di competenza si sono rilevati al momento infruttuosi: sembro itrinsecamente ammanettato al mio ruolo senza possibilità di divincolarmi.

Intanto, prima delle vacanze estive, mi attendono altre due settimane di lavoro, nella tranquillità del mio ufficio in "the beautiful Pomizzia". Cosa che spero si confermi, perchè generalmente ogni anno nasce l'impegno dell'ultimo minuto proprio a ridosso delle vacanze e che, per un motivo o per un altro, finisco per accettare. E' andata così 2 anni fa con il Bangladesh (necessità di mettermi in luce), è andata così l'anno scorso con Santo Domingo (opportunità di concatenare i giorni di lavoro con una bella vacanza caraibica). E quest'anno? Faccio gli spergiuri.

sabato, luglio 18, 2009

Greetings from Bucuresti

OVVERO: The long walk in the city

Come già si capiva dal post precedente, sono a Bucarest, dove sono arrivato mercoledì notte con ancora l'indie rock and roll della sera prima nella testa. E' l'ennesima trasferta di lavoro, che affronto con pochi stimoli dal punto di vista professionale e con nella mente il ritorno a casa di venerdì prossimo e le tre settimane di ferie che mi aspettano ad Agosto. Ma intanto sono quì e c'è da passare un weekend nella capitale rumena. Il sabato inizia con calma e tranquillità: verso le 11.15, sotto il sole cocente (32 i gradi segnalati da alcuni cartelloni pubblici), mi incammino verso il centro città. La distanza è tanta (il mio albergo si trova nella parte nord della città, in prossimità dell'aeroporto Baneasa e del Parcul Herăstrău) ed impiego un paio di ore per arrivare a Piaţa Unirii, il centro del centro di Bucarest. Percorro strade larghe con molto verde intorno ed edifici dal sapore razionalista. Dopo aver attraversato Piaţa Unirii e la sua immensa (dal punto di vista dell'estensione piana) fontana, raggiungo la zona del Palazzo del Parlamento, l'edificio più colossale della città (vedi foto sopra). Qualche altro giro per la zona centrale (la città dal punto di vista turistico ha veramente poco da offrire) prima di pranzare in un ristorante sulla Bulevaldur Unirii e riprendere lentamente la via del ritorno, visitando un mercatino dell'antiquariato su Bulevardul Aviatorilor e passando all'interno del Parcul Herăstrău. Torno in albergo stremato e bisognoso di una doccia e di riposo.

venerdì, luglio 17, 2009

The Killers, Franz Ferdinand & White Lies live in Roma

Era descritto come il vero evento live dell'estate romana. Io, Jessy e Vale avevamo i biglietti già da tempo e così, essendo riuscito a preservare la data dagli attacchi del mio capo (in realtà ho rimandato la partenza per Bucarest, da dove scrivo stasera, di qualche giorno) nel primo pomeriggio di martedì ci muoviamo da Latina per raggiungere l'ippodromo delle Capannelle, luogo dell'evento e, ritirati i biglietti, ci mettiamo pazientemente in fila sotto il sole cocente per entrare in arena.
Alle 19.40 circa lo spettacolo inizia, e sul palcono salgono i White Lies, il giovane gruppo inglese ancora poco noto in Italia e che io ero già arrivato a conoscere in Estonia grazie a MTV2, che a Febbraio mandava in rotazione pesante To Lose My Life e Farewell To The Fairground, i primi 2 singoli dal loro primo album. Il repertorio della band, ovviamente, non è così ampio, ma tengono lo stage per una buona ora accompagnando la platea nel crepuscolo romano. Il sound ha una base potente, e ricorda molto un certo tipo di pop anni ottanta come quello dei Joy Division e dei primi Cure. Che le lyrics non brillino di felicità si percepisce dai titoli delle canzoni, ma ben si accompagnano con la musica. In conclusione, una prima ora piacevole.
Dopo mezzora di operazioni tecniche sul palco finalmente entrano i Franz Ferdinand, e immediatamente infiammano il pubblico con uno dei loro cavalli di battaglia, This Fire. La scaletta prosegue alternando canzoni dal loro ultimo album con canzoni di repertorio (No You Girls, Walk Away, Bite Hard, Auf Achse, Michael...). La prima parte della loro esibizione si conclude con la canzone 40 ft e un finale percussionistico nel quale tutti i componenti si riuniscono presso la batteria e picchiano come forsennati sui vari tamburi. Coinvolgente. Al loro rientro c'è ancora spazio per una manciata di canzoni e per una degna conclusione con la canzone Lucid Dreams, con tanto di finale techno-acid durante il quale i componenti lasciano, uno ad uno, il palco, per poi rientrare e godersi il guadagnato tributo di applausi. Una grande esibizione, quella dei Franz Ferdinand.
L'allestimento del palco per gli headliners della serata occupa tre quarti d'ora, durante il quale il palco cambia radicalmente fisionomia. Finalmente i The Killers entrano sul palco e, quasi a voler confermare che sono loro la maggiore attrazione della serata e a voler far subito dimenticare al pubblico la fantastica esibizione dei Ferdinand, iniziano il loro show affermando "Siamo i Killers e questa notte siamo tutti vostri" e suonando Human, quella che è ormai la loro canzone più celebre. E già la terza canzone è Somebody Told Me, il singolo che li ha resi famosi ormai 5 anni fa. Con un inizio così il risultato è raggiunto ... il pubblico è tutto per loro. La scaletta del concerto prosegue alla grande anche se a mio avviso i diffusori sono spinti troppo a saturazione e ciò va a discapito della qualità audio sebbene l'esecuzione strumentale della band sembri perfetta. Belle in particolare le esecuzioni di I Can't Stay, For Reasons Unknown, Smile Like You Mean It, Spaceman, Mr Brightside e All The Things That I Have Done (queste ultime due trasformano l'ippodromo delle Capannelle in una bolgia). Da favola il finale, dopo una breve pausa: inizia con Bones, prosegue con Jenny Was A Friend Of Mine e conclude il concerto con When You Were Young. Ce ne andiamo con le orecchie doloranti, poca voce in gola e abbastanza sudati, ma visibilmente soddisfatti. Un gran concerto.

lunedì, luglio 13, 2009

Ame d'Arabia

Ecco qui che finalmente trovo il tempo e la voglia di dedicarmi a questo mio blog e di postare le cronache dell'ultima avventura che mi ha visto, dal 30 maggio al 15 giugno (e dal 4 giugno in poi in compagnia di Jessy), in quel triangolo di sabbia che si affaccia sul golfo persico, curioso intreccio di modernità e tradizione, patria di lussi immondi e di stravaganze architettoniche non ingabbiate dalla umana necessità di contenere i costi. Ed ecco la breve ma lunga cronaca testuale:

al mio arrivo all'aeroporto di Dubai (volo Swiss Roma-Zurigo-Dubai), alle 22 inoltrate, mi accoglie una temperatura di circa 45 gradi che da subito mi fa boccheggiare. Ritiro l'auto (una sportivissima e bianchissima Toyota Corolla) e mi muovo subito in direzione Abu Dhabi (circa 120 i km di distanza tra le 2 città) ad una velocità mai superiore ai 120 km/h (il limite massimo sulle super controllate (dagli autovelox) autostrade). In realtà l'albergo si trova 20 km prima di Abu Dhabi, in una sorta di oasi circondata da deserto e autostrade. I giorni successivi sono di lavoro ma anche dedicati all'esplorazione di Abu Dhabi e a prendere familiarità con la circolazione stradale e le distanze.

Ma ecco che già giovedì arriva la prima novità; Jessy che arriva a Dubai per passare i prossimi 10 giorni con me. Il giorno dopo è già week-end: e lo passiamo esplorando più nel dettaglio la capitale degli Emirati (la zona della Corniche, la Marina, l'Heritage Village, Khalifa e Hamdan street...).
E' domenica e una nuova settimana inizia, durante la quale nella prima parte della giornata io lavoro e Jessy si gode il relax dell'hotel, mentre nella seconda parte ci ricongiungiamo e partiamo insieme sotto il cocente sole (nel frattempo, rispetto ai primi giorni, la temperatura si è abbassata di qualche grado) all'esplorazione delle zone vicine. Mercoledì partecipiamo a un desert safari organizzato da una locale agenzia di viaggi e ci divertiamo tra dune bashing (eccezionale), cammellate, shisha (comunemente noto in Italia con il nome di narghilè) e danze del ventre.

Giovedì, dopo aver chiuso con l'attività lavorativa lasciamo l'albergo; passeremo l'ultimo weekend a Dubai ma prima di fare ciò dirigiamo la nostra auto verso Al Ain. Siamo sempre nell'emirato di Abu Dhabi, ma nell'entroterra, al confine con il Sultanato dell'Oman. Ci troviamo di fronte a una città completamente diversa da Abu Dhabi e Dubai: nessun grattacielo o architettura bizzarra, strade larghe, spazi immensi e un mare di verde (strappato alle grinfie del deserto con fatica e tanta tanta acqua). Dopo aver visitato la città e lo zoo, al tramonto saliamo sui 1000 metri della vicina Jebel Hafeet, una montagna dalla singolare morfologia e dalla sommità della quale si gode di un ottimo panorama sul sottostante deserto (purtroppo offuscato dalle inevitabili particelle di sabbia sollevate dal vento). E' ormai buio e ci muoviamo finalmente in direzione Dubai.

Il weekend è interamente dedicato all'esplorazione della famosa città: Deira, Jumeirah Beach con il famigerato Burj Al Arab e il curioso Madinat Jumeirah, Downtown Burj Dubai con l'omonimo super grattacielo (il più alto del mondo con i suoi 818 metri - sarà finito entro quest'anno), l'immenso Dubai Mall (ovviamente il centro commerciale più grande del mondo), il Mall Of The Emirates e l'irrinunciabile visita allo Ski Dubai, per provare l'ebrezza di passare dai +41 gradi dell'esterno ai -2 gradi dell'interno.

Per concludere, una esperienza che può piacere o no, ma che lascia sicuramente qualcosa di indimenticabile e da l'opportunità di vedere panorami che nessun altro posto al mondo possiede. Via con lo slideshow.