I giorni seguenti il nostro arrivo nella città di Bahawalpur sono stati quelli in cui l'attività professionale è entrata nel pieno, e visti i giorni persi ad Islamabad ci dobbiamo adoperare non poco per ottenere i risultati sperati. Tanto per complicare ulteriormente le cose, siamo nei giorni in cui il termometro raggiunge la temperatura record di 54 gradi, che i pori della nostra pelle sentono in tutta la loro violenza, visto che la maggior parte delle attività si svolge in esterno. La tipica giornata di Bahawalpur è così articolata:
- sveglia alle 7 (eccezion fatta per il penultimo giorno in cui mi è suonata alle 5), frugale colazione a base di uova, pane burro e marmellata e tè, quindi raggiungimento del luogo di lavoro (rigorosamente scortati) e inizio delle attività;
- dopo 10-15 minuti l'effetto maglietta-bagnata inizia a farsi sentire e questa è la fase più noiosa; raggiunto il giusto livello di sudorazione il fastidio inizia a venire meno;
- dopo diversi litri di acqua e succo di mango si arriva all'ora di pranzo. Pranzo che è generalmente costituito da riso, pollo e dahl (una zuppa di lenticchie);
- si riprende a lavorare e si arriva generalmente alle 7 di sera; gli ultimi giorni in un paio di occasioni la mia attività si è prolungata fino alle 9 di sera;
- rientro in albergo (rigorosamente scortati) per una doccia ed un po' di relax prima della cena. Con l'andare avanti dei giorni mi accorgo che durante il giorno non avverto mai il bisogno di urinare, e realizzo che il motivo probabile è dovuto all'eccessiva sudorazione che irrompe nel normale processo diuretico degli innumerevoli liquidi ingeriti; la cosa mi lascia con un velo di preoccupazione;
- dopo una cena inevitabilmente a base di riso, pollo e dahl, ci si rilassa nel giardino del motel sorseggiando Mountain Dew o tè verde, fumando, e parlando del più e del meno, mentre delle guardie armate provvedono alla nostra sicurezza controllando l'ingresso e il perimetro del motel. Quindi si va a dormire. In ognuna delle nostre stanze hanno dimora due o tre gechi che si preoccupano di tenere pulita la stanza stessa da eventuali insetti; tutto sommato danno anche compagnia.
Dopo 5-6 giorni di questo tran-tran la stanchezza inizia ad affiorare ed alcuni di noi ne sembrano quasi sopraffatti; per fortuna la vicina fine ed il buon andamento delle attività ci tiene a galla e ci fa arrivare all'inutilmente faticoso penultimo giorno. Al rientro in albergo, nonostante lo scarso successo dei test della giornata, ci sentiamo quasi liberati da un peso. Il giorno dopo mi sveglio con calma e rilassato, faccio colazione e attendo pazientemente il momento della partenza. Una pioggia torrenziale intervallata a momenti di cocente sole ci saluta mentre ci mettiamo nuovamente in marcia per percorrere gli oltre 700 km che, passando per Lahore (fino a dove siamo rigorosamente scortati), ci porta fino ad Islamabad. La prima parte del viaggio è un incubo che si snoda lungo strade densamente trafficate che passano per caotici centri abitati, dove le nostre macchine sorpassano tipici e pittoreschi camion (che procedono generalmente ad una velocità variabile da 7 a 12 km/h), tuk tuk, motorini, biciclette, carri trainati da asini o buoi, capre, cani ed ogni altra sorta di veicolo o essere vivente, facendoci provare in più di qualche occasione brividi di paura.Oltre alla notizia del giorno prima su un aereo della Air Blue (compagnia privata pakistana) precipitato sulle colline a sud di Islamabad (150 i morti), a complicare la giornata arriva l'ulteriore notizia delle inondazioni a Islamabad e Peshawar che avrebbero causato centinaia di morti (500, secondo quanto riporta il giornale di oggi). La cosa inizialmente sembra costringerci ad una sosta forzata a Lahore; poi, ricevute notizie confortanti dalla capitale sulla possibilità di raggiungere il Marriott Hotel, arriviamo a destinazione a notte inoltrata, dopo più di 12 ore di viaggio. Posso finalmente fare una doccia calda e riposare su un comodo lettone a 7 guanciali, senza puntare la sveglia per il giorno seguente.
sabato, luglio 31, 2010
Cronache Pakistane - giorni 11-19
OVVERO: le fatiche di Bahawalpur
Seduto alla scrivania della mia stanza del Marriott Hotel, leggo alcuni appunti di viaggio dei giorni scorsi e, supportato dai ricordi ancora ben presenti, mi metto a scrivere il resoconto di quelle calde giornate:
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Cronache Pakistane - giorno 9
OVVERO: gita nel cuore del Pakistan
La sera del 20 luglio scorso, sulla misera brandina del mio misero bungalow nel misero hotel della misera città in cui eravamo approdati poche ore prima, scrivevo quanto di seguito:
Il previsto giorno di viaggio ha inizio ma con quasi due ore di ritardo sul previsto perchè tardano a venirci a prendere, confermando ulteriormente quanto già si era capito nei giorni precedenti, cioè che gli appuntamenti alla pakistana sono molto simili agli appuntamenti alla romana.Partire alle 10 per percorrere i circa 360 km che ci separano dall'aeroporto di Lahore e prendere il volo della Pakistan International Airlines (PIA) delle ore 15 sembra impresa impossibile, soprattutto considerando la scarsa qualità della rete stradale pakistana. In realtà gran parte dei km che ci separano dalla meta scivolano via senza troppe complicazioni, lungo una autostrada poco affollata e di discreta fattura, eccezion fatta per un tratto di 4-5 km che scende nervosamente e pericolosamente (e i camion usciti fuori di strada che incontriamo lo dimostrano) tra le montagne fino a portarci lungo una sconfinata pianura dove si succedono senza sosta coltivazioni di riso e fabbriche di mattoni. Siamo entrati nel cuore del vero Pakistan, lontani dalla sottile decenza di Islamabad, e la cosa risulta ancora più chiara quando usciamo dall'autostrada e raggiungiamo Lahore. Le strade sono sovraccariche di un caotico ammasso di carretti, pedoni, auto, camion, bus, tuk-tuk, biciclette, asini, buoi, cavalli e altri animali, mentre costeggiamo un fiume inquinato e limaccioso in cui la gente si fa il bagno, si lava gli indumenti, fa il bagno alle proprie bestie e svolge altre attività.Attraversiamo Lahore e raggiungiamo il moderno aeroporto della città alle ore 14.50. In qualsiasi altra nazione del mondo avremmo perso l'aereo ma non qui: il capitano in persona ci fa check in e imbarco e alle 15.25 saliamo a bordo dell'ATR42 che ci porta in poco più di un'ora all'approssimativo e decadente aeroporto di Multan. Dopo poco più di un'ora un piccolo bus ci viene a prendere per percorrere i circa 100 km che mancano per raggiungere Bahawalpur.Lungo queste strade lo scenario diventa ancora più delirante e apocalittico di Lahore: ogni tentativo di descrivere quello che i miei occhi vedono sarebbe superflua e non riuscirebbe assolutamente a rendere l'idea. Il nostro alloggio per i prossimi 10 gg sarà in un hotel gestito dall'ente del turismo pakistano (Pakistan Tourism Development Corporation, PTDC). Siamo lontani anni luce dalla situazione del Marriott: in gruppi di due o tre ci dividiamo dei frugali bungalow con dei miseri letti e dei sudici bagni; unica fortuna, vista l'aria calda e soffocante di Bahawalpur, la presenza dell'aria condizionata.Dopo una tipica cena pakistana a base di riso, pollo arrosto e "tikka chicken", servitaci dal cortese e disponibilissimo personale dell'albergo, non resta che coordinare le attività del giorno dopo ed avviarci nelle nostre fresche stanze per riposare, non prima di battezzare cinicamente il posto in cui ci troviamo come "il buco del culo del mondo".
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Cronache Pakistane - giorno 20
OVVERO: Ritorno ad Islamabad
Ci eravamo lasciati all'alba della mia partenza per Bahawalpur, nel cuore del Pakistan, a poca distanza dal confine con l'India. Riprendo il mio diario di viaggio 12 giorni dopo, comodamente sdraiato sul lettone a 7 cuscini della mia stanza al terzo piano del Marriott Hotel di Islamabad, dove sono rientrato nella notte tra il 29 ed il 30 agosto dopo un allucinante (almeno per la prima metà) viaggio in auto di circa 750 km. Sono stati giorni intensi, faticosi ed appiccicaticci quelli di Bahawalpur, durante i quali non avendo avuto a disposizione una connessione internet, non ho potuto tenere aggiornato il mio diario; in realtà non ho neanche avuto la forza di mantenere un diario offline da pubblicare successivamente, eccezione fatta per il giorno del nostro arrivo. Con i ricordi ancora vividi di quei giorni farò comunque un riassunto in uno dei prossimi post.
Intanto, dopo le fatiche di Bahawalpur, il team si gode il meritato riposo nella prigione dorata del Marriott e pian piano inizia a smembrarsi; con le partenze di questa notte siamo rimasti in 5, tutti lasceremo Islamabad il 2 Agosto per tornare a casa. Le cronache pakistane volgono al termine con già la consapevole certezza di un nostro ritorno a settembre.
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lunedì, luglio 19, 2010
Cronache Pakistane - giorni 6, 7, 8
OVVERO: comunque vada sarò su un cesso
Come previsto l'attività lavorativa è entrata nel vivo. Con soli 2 giorni e mezzo a disposizione, ci sono volute tante ore di straordinario e tanto sudore per stare nei tempi, ma alla fine il risultato può ritenersi soddisfacente! Oggi pomeriggio un po' di riposo, mentre domani, con il team già ridotto di un paio di entità, sarà giorno di viaggio: partenza alle 8 da Islamabad per raggiungere, in auto, la città di Lahore dalla quale, in aereo, raggiungeremo la città di Multan e da questa, ancora in auto, la destinazione finale: Bahawalpur, nella parte meridionale del paese, dove si svolgerà la seconda e più importante parte delle attività previste.
E mentre l'odierna visita di Hilary Clinton ha suscitato in me un sentimento di vaga preoccupazione per un eventuale rischio di attentati, stasera, sfogliando la pila di quotidiani che giaceva sulla scrivania della mia camera, ho notato come con maligna precisione ogni giorno vengano riportati in prima pagina notizie di morti, esplosioni e attacchi suicidi. Esempio esaustivo dalle sole prime pagine:
- "Suicide attack shatters Swat peace; six dead", The Nation del 16 Luglio;
- "Over 20 killed in Iran mosque explosion", The Nation del 16 Luglio;
- "Foreign Fighter among 17 killed in Orakzai", The Nation del 16 Luglio;
- "US Missiles kill 10 in N Warizistan", The Nation del 16 Luglio;
- "10 killed in Tirah blast", The News del 17 Luglio;
- "Militants kill 18 Shias in Kurram convoy attack", Daily Times del 18 Luglio;
- "18 militants killed in Orakzay", The Nation del 19 Luglio;
- "One killed in Sargodha blast", The Nation del 19 Luglio.
Intanto, però, l'unico attentato alla mia incolumità l'ha perpetrato la sbarra per veicoli del Marriott Hotel, contro cui mi sono sfranto violentemente oggi (mentre camminavo distrattamente) colpendola in pieno con lo zigomo destro, rimediando un bel taglio sotto l'occhio e un ematoma (neanche tanto vistoso se correlato alla "tranva" che ho dato) modello "pugno in un occhio".
Continua anche la personale lotta del mio intestino contro la flora batterica dei cibi e dei liquidi giornalmente ingurgitati; per dirla con un eufemismo potrei scrivere che "passo molto tempo seduto in riunione col ministro...". Una situazione che sarà sicuramente una costante anche nei prossimi giorni, da qui il sottotitolo del post :-)
A risentirci da Bahawalpur!
Pubblicato da Ame alle 10:10 PM 0 commenti
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venerdì, luglio 16, 2010
Cronache Pakistane - giorni 4 e 5
OVVERO: acclimatamento
Dopo i primi giorni di permanenza in terra pakistana iniziano a vedersi i primi effetti sul team.
E così mentre Vic sogna del mio arresto per molestie ad un capriccioso ragazzino locale, Vic stesso è il primo a subire KO tecnico alla terza ripresa (dove "ripresa" sta per "cena in tipico ristorante pakistano", e "KO tecnico" sta per ... beh provate ad immaginare...). Io invece dopo quattro riprese continuo ancora a reggere anche se inizio a sentire i primi segni di cedimento.
E mentre l'attività stenta ancora a partire per problemi non dipendenti da noi, l'originale team di 4 persone che era arrivato "a testa di ariete" per sondare il campo si è allargato a fino ad arrivare ad 11 persone.Tutte più o meno in ferie nella prigione dorata del Marriott Hotel.
Nel frattempo si acquisiscono conoscenze ed esperienze sulla cultura pakistana, che vado ne seguito brevemente a citare:
- oltre ad un innato odio per la cultura americana, è tipica nel pakistano una sorta di antipatia, anche qui per ovvi motivi, verso l'India e il Bangladesh; è quindi opportuno per non creare momenti di imbarazzo mostrare indifferenza verso questi due paesi e parlarne poco: l'India è così diventato nei discorsi "intra-nos" il "paese innominabile". Pochi giorni fa nel corso di una normale conversazione uno dei nostri interlocutori ha anche affermato che "gli inglesi sono stati la rovina del mondo"; per un paese che ha subito il dominio inglese che ne ha disintegrato l'identità è il minimo che ci si potesse aspettare;
- per lo stesso motivo di qui sopra è meglio non mostrare apprezzamenti per filosofie tipo induismo, buddismo e simili. Un seguace di una di queste filosofie, per un musulmano, è un uomo senza fede e vizioso. Allo stesso modo è visto un ateo. Molto meglio, allora, fingere di essere cattolico (alla faccia di tutti gli scandali che stanno colpendo la nostra sacra romana chiesa!!!);
- nell'ordinaria conversazione un motivo di imbarazzo è sempre in agguato: ad esempio, il giorno del mio arrivo indossavo una t-shirt con questa stampa sul davanti; se non che uno dei nostri interlocutori me ne ha chiesto il significato; per fortuna non mi sono gettato nella descrizione della teoria dell'evoluzione ma ho commentato con un opportuno e fantasioso "we're all slave to the enterprises, thanks to the Americans"; per fortuna perchè, come notato a posteriori, la teoria dell'evoluzione è considerata blasfema nella cultura musulmana;
- Islamabad è una città strana: nata negli anni 60 e fin da subito pensata come nuova capitale pakistana, sorge all'interno di una zona naturale protetta a ridosso del limite sud occidentale dell'Himalaya. La città è divisa in settori creati dalla topologia ortogonale delle strade (un po' come le "streets" e le "avenues" a Manhattan), ma capita spesso di percorrere strade curvilinee circondate da una rigogliosa vegetazione. La temperatura in questo periodo è piuttosto alta (oggi si sono probabilmente toccati i 40 gradi), ma l'umidità è a livelli accettabili e spesso arriva un vento dal nord che porta un po' di sollievo;
- con l'encomiabile e a volte imbarazzante ospitalità dei nostri interlocutori, ogni sera finiamo per banchettare intorno ad uno dei tipici ristoranti di Islamabad, dove si può assaporare una gustosa ma speziatissima cucina pakistana e, raramente, qualche piatto di cucina internazionale. Particolarmente grazioso un ristorante in cui siamo già stati due volte (vedi post precedente), il Des Pardes, all'interno di un tipico villaggio, dove si mangia e si fuma shisha all'aperto in comodi e tipici divanetti in un ambiente raffinato (eccezion fatta per i bagni) e rilassante e nelle immediate vicinanze di un piccolo e bellissimo tempio induista;
- la zona di confine tra Pakistan e Afghanistan è famosa per le proprie piantagioni di marijuana e oppio; sebbene ora sia illegale, la marijuana è stata per secoli utilizzata per essere fumata con le shisha.
Oggi, alla quinta cena, riusciamo a non essere trascinati nell'ennesimo ristorante pakistano e ceniamo nell'ottimo ristorante cinese del Marriott mentre domani, dopo ennesimi rinvii, si dovrebbe entrare nel vivo delle attività lavorative.
Pubblicato da Ame alle 9:38 PM 0 commenti
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mercoledì, luglio 14, 2010
Greetings from Islamabad
Dopo un mese di giugno lavorativamente tranquillo, ecco arrivare luglio ed ecco arrivare un impegno di lavoro interessante (e che quindi ho prontamente accettato). Così domenica scorsa, preparati i bagagli, ho raggiunto l'aeroporto di Fiumicino per imbarcarmi, in compagnia di altri 3 colleghi, sull'aereo della Fly Emirates delle 15.20 con destinazione finale Islamabad, Pakistan, raggiunta dopo più di 12 ore di viaggio compresa una lunga sosta all'aeroporto di Dubai.
Il primo contatto con il paese è rappresentato dall'arrivo all'aeroporto della capitale pakistana: decisamente l'aeroporto internazionale peggiore che mi sia mai capitato di vedere nella mia breve vita di viaggiatore. Una lunga e caotica fila per il controllo passaporti ed una estenuante attesa al nastro bagagli per riprendere le nostre cose. Una volta fuori le prime percezioni mi riportano al 2007 e alla mia esperienza in Bangladesh: una fitta folla di persone ad aspettare chissà chi, caos, caldo afoso e qualche strano odore nell'aria. Anche lungo il tragitto che ci porta dall'aeroporto al Marriott Hotel (tristemente famoso per un paio di attentati negli anni scorsi, l'ultimo dei quali nel 2008) molto di quello che mi circonda mi riporta al 2007 e a Dhaka: i coloratissimi truck che trasportano di tutto, il traffico caotico i continui colpi di clacson e la guida a sinistra, i pedoni che attraversano incautamente l'autostrada facendo lo slalom tra le auto vetuste e diroccate, la gente in attesa ai lati della strada, i bus più che strapieni (vedi foto). Con, però, una importante differenza: la città è più che militarizzata, ci sono guardie armate dappertutto e posti di blocco continui: lo stesso Marriott Hotel (che tra l'altro si trova in un quartiere "in", nelle immediate vicinanze di case importanti e del palazzo del Parlamento) è praticamente una fortezza (o una prigione di lusso per gli ospiti), difesa da decine e decine di persone armate e con accuratissimi controlli di sicurezza per chiunque voglia entrare.
Detto questo c'è anche da dire che, a parte il pericolo rappresentato dalla viabilità, girare per Islamabad non sembra eccessivamente pericoloso: lungo i nostri tragitti (anche se rigorosamente accompagnati) le strade sono apparse sufficientemente pulite, non ci sono evidenti tracce di miseria e lerciume, le costruzioni sono relativamente moderne. E' piuttosto curioso girare di notte per le strade dotate di pali per illuminazione ma rigorosamente tutti spenti, probabilmente a causa della crisi energetica. Anche la temperatura è piuttosto accettabile: di giorno è caldo-umido ma frequentemente un piacevole vento proveniente dalle montagne porta un po' di sollievo. Calato il sole la situazione migliora notevolmente. E l'ospitalità e la bontà delle persone conosciute finora è più che eccezionale: naturalmente, dai normali discorsi intavolati si percepisce immediatamente questa sorta di odio atavico che hanno per tutto ciò che è americano.
Al terzo giorno di permanenza, c'è poco altro da dire. Ieri sera ci hanno portato a cena in un villaggio poco fuori Islamabad, a ridosso delle montagne a nord, che a parte la comodità dell'elettricità è rimasto intatto dalla sua nascita come agglomerato, più di 200 anni fa. Domani invece si dovrebbe entrare nel pieno dell'attività lavorativa che, per il momento, procede abbastanza lentamente.
Pubblicato da Ame alle 3:06 PM 0 commenti
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