La giornata presenta una novità impensabile dopo 7 giorni di permanenza: il sole! Fa capolino verso le 10, mentre aspettiamo
Munna fuori dall'hotel. Alla lunga la cosa si rivelerà essere una fortuna sotto il punto di vista fotografico ma una sfortuna sotto quello dell'abitabilità; fa caldo e molto. Partiamo alla volta di
Old Dhaka, vogliamo vedere alcune delle cose più caratteristiche della città.
Il primo obiettivo è il
Dhakeshwari Temple, un tempio Indù ben nascosto agli inizi della città vecchia. Ci arriviamo attraverso strade strette e affolatissime. Munna parcheggia all'interno della zona del tempio, noi scendiamo per ammirare un altare esterno con le statue delle divinità Indù e il tempio vero e proprio, ma da fuori per evitare di toglierci le scarpe. Come in ogni tempio Indù c'è un lago che viene utilizzato per i più svariati motivi: dal bere al lavare se stessi e i propri indumenti e così via.
Torniamo in auto e, sempre attraverso strade improponibili, ci dirigiamo verso il
Lalbagh Fort, una delle costruzioni più caratteristiche di Dhaka. Trattasi di un forte la cui costruzione è iniziata verso la fine del secolo 17 e mai completata, attualmente ospita una moschea, una tomba e delle mura fortificate. Facciamo un giro all'interno e scattiamo qualche foto; conosciamo due giovanissimi ingegneri neolaureati che rimangono ammaliati quando vengono a sapere che anche noi siamo ingegneri e che siamo nel loro paese per lavoro. Ci scattiamo una foto assieme.
Siamo nei pressi del fiume
Buriganga, e quindi partiamo di nuovo, destinazione
Sadarghat, il cuore della Old Dhaka, una zona che pullula di attività, persone e risciò, nonchè sede di un frequentatissimo porto fluviale. Munna sembra un po' preoccupato e, infatti, durante il tragitto, gli rubano una delle frecce laterali dell'auto. Anche dalle continue chiamate che ricevo da
Aqiq e Nutu capisco che forse ci stiamo imbarcando in qualcosa di un po' troppo pericoloso. Il motivo principale per cotanta imprudenza è l'aver precedentemente visto Sadarghat su Google Earth; cliccate
qui (se avete Google Earth installato sul vostro pc) e capirete tutto.
Arriviamo comunque vicini al porto fluviale, e il buon Munna trova un ottimo parcheggio, con l'aiuto di alcuni abitanti del luogo che si prodigano a fermare il fiume di persone e di risciò che continua a scorrere lungo la strada. Appena scendiamo dalla macchina veniamo presi in consegna da due tipici
booker (al nostro ritorno Munna ci dirà che erano tre ma che ne ha trattenuto uno per non incorrere in spiacevoli incidenti). Un po' come ci era successo al Banga Bazar. Ma questa volta non ci sono affari da fare, solo un giro turistico per il terminal del porto per scattare un po' di foto. E i 2 booker si rivelano preziosi. Ci fanno fare in giro completo della zona, non si lamentano quando rifiutamo la visita a un battello e rifiutamo di farci traghettare sull'altra sponda. Verso la fine iniziano a preoccuparsi della loro mancia, ma li tranquillizzo dicendo che ci sarà una buona ricompensa una volta ritornati alla nostra macchina. Nel frattempo intorno a noi è un brulicare di persone, battelli di varie dimensioni, bambini nudi e seminudi, fumi di vario tipo, venditori di sigarette, di frutti o di altra mercanzia, storpi, gente che ci importuna e ci chiede l'elemosina, curiosi, riparatori di imbarcazioni, passeggeri che sbarcano o si imbarcano, gente che si sente male, animali vari (capre, cani, corvi). Andiamo sul terrazzo del terminal e scattiamo una cinquantina di foto, quindi ci facciamo riportare dai due broker verso il nostro autoveicolo. Alla fine diamo la lauta mancia promessa, 100 taka a testa (circa 1,30 euro - ma non pensate che sia poco).
Ripartiamo, saltando agevolmente il pranzo, con destinazione il
National Museum, dove ci facciamo una scorpacciata di cultura locale non indifferente, tra flora, fauna, opere d'arte, creazioni in legno, ceramica, pietra e avorio, armi, armature, strumenti musicali e quant'altro.
Il caldo è veramente insopportabile e i jeans mi si appiccicano addosso. All'uscita dal museo l'auto di Munna ci regala un po' di refrigerio.
Partiamo di nuovo per fare qualche altro acquisto presso
Aarong, ma in un altro punto vendita rispetto a quello in cui eravamo stati, e quindi Munna ci riporta in albergo; non prima però di essersi fermato ad acquistare la freccia persa, lungo una strada piena di riparatori d'auto. Ci dice che gli è costata 1000 Taka (sarà vero???) e che la deve ripagare lui perchè il veicolo è sotto la sua responsabilità. All'arrivo in hotel gli diamo la solita lauta mancia. Ci ha dedicato l'intera giornata e abbiamo speso, mancia a parte, una quarantina di euro. Buono, direi.
Per finire non può mancare un saltino in palestra, e poi ceniamo allo Spice & Rice. Stasera scelgo il piatto Indonesiano.
Haron, il simpatico cameriere del ristorante, mi dice di fare attenzione alla salsa di peperoncini pestati che mi porta nel piatto. Poco dopo mi vede spalmare abbondantemente la salsa sulla carne e accorre preoccupatissimo. Mi dice che è la prima volta che vede uno straniero mangiare tranquillamente quel tipo di salsa. Mah, mi sembra, in questi giorni, di aver mangiato cose ben più piccanti.
Oggi abbiamo scattato veramente un numero impressionante di foto memorabili, aiutati dalla presenza del sole che ha accesso la moltitudine di colori di Dhaka. In attesa di realizzare un secondo slideshow, e in aggiunta alla foto in alto, inserisco un altra foto in conclusione di post.
E' mezzanotte e trenta e domani si torna a lavorare. Intanto fuori ha ripreso a piovere.